IL RAPPORTO FORMATORE DI CORPO E PAESAGGIO
NELLA CULTURA ABORIGENA AUSTRALIANA
IN RIFERIMENTO ALLA
PRATICA RITUALE MUSICALE
di Alberto Furlan
Capitolo Primo
Introduzione
1.1 Le popolazioni indigene australiane
Durante il corso di questa esposizione si noterà che il riferimento ai soggetti di studio avviene con due espressioni principali: aborigeni australiani e popolazioni indigene australiane. In questa introduzione si vuole sottolineare la differenza tra queste due espressioni che in seguito, per comodità espositiva, saranno usate come sinonimi.
Il termine aborigeno è il più usato dall’etnografia perché è anche il più antico, risale al tempo del colonialismo, quando gli europei arrivati nel nuovo continente descrissero gli abitanti autoctoni, quelli che erano là appunto ab-origine, come esseri primitivi, selvaggi, il cui stadio evolutivo poteva essere pari a quello delle popolazioni agli albori dell’umanità.
Questo è stato infatti l’orientamento operativo di tutti i governi statali e federali nei confronti delle popolazioni indigene. La loro presunta inferiorità ha leggittimato prima uno sterminio sistematico dei “pericolosi selvaggi” e in un secondo tempo una politica di protezione per i “poveri indifesi”, atta a fare sparire dalla vista, relegandole in riserve controllate, tutte le popolazioni autoctone.
La superiorità degli euroaustraliani era schiacciante e i loro metodi di educazione si rivelarono devastanti: intorno agli anni cinquanta, il governo federale, dopo un periodo di repressione cruenta e un successivo protezionismo, resosi conto di non potere cancellare fisicamente un numero di indigeni costantemente in crescita, stabilì che un’intera generazione di figli provenienti da matrimoni misti fosse sottratta alle famiglie d’origine per essere educata in maniera occidentale. Questo metodo prevedeva di eliminare la cultura autoctona sostituendola con quella europea.
Tutto questo fino agli anni sessanta.
È in quel periodo che la consapevolezza delle popolazioni indigene si rafforza e l’opinione pubblica si indigna di fronte a questo massacro culturale, sono i tempi delle grandi lotte civili per il riconoscimento delle terre sottratte ai tempi del colonialismo.
È questo il tempo in cui gli stessi aborigeni promuovono una nuova espressione, non razzista ed evoluzionista, nella quale si possono riconoscere. Nasce il termine Indigeni Australiani (Indigenous Australia) che viene adottato dall’opinione pubblica, dall’etnografia ufficiale e dal governo federale.
La storia del nuovo vocabolo parla di anni di lotte civili, di nuovi provvedimenti adottati dal governo e di fondamentali riconoscimenti raggiunti in ambito di possedimenti terrieri e di diritti umani e civili. Indigeni australiani è la bandiera che sventola sopra la nuova stagione dell’autodeterminazione, un tempo in cui le istituzioni governative si devono confrontare con le popolazioni indigene ed i loro rappresentanti prima di prendere decisioni che li possano interessare.
La convivenza civile però non è sancita per legge e nonostante il profondo sentimento di debito, per anni di maltrattamenti, verso gli abitanti autoctoni sia insito nella maggior parte delle popolazione australiana, il confronto tra le due etnie non è facile. I primi abitanti dell’Australia restano comunque una minoranza, e non solo numerica.
1.2 Gli aborigeni australiani: differenze ed identità
L’Australia ha una superficie di 7.682.300 di chilometri quadrati
, grosso modo come l’intera Europa, e presenta una popolazione complessiva di 19.015.699 di abitanti
, per una densità media di due abitanti per chilometro quadro. Di questo numero 386.049 unità
sono classificate come indigene.
Gli aborigeni sono diffusi in tutto l’enorme territorio, anche se la maggioranza di loro vive attorno alle principali città.
A causa di questa estensione non si può parlare di aborigeni australiani come un gruppo unitario, le popolazioni che vivono nella parte meridionale del continente, nelle aree desertiche, sono profondamente diverse da quelle localizzate a nord, sulle sponde del Golfo di Carpentaria. Presentano lingue completamente diverse e metodi di sussistenza altresì differenti data la profonda diversità di ambiente in cui vivono: desertico con forte siccità da una parte e tropicale monsonico dall’altra.
Malgrado queste sostanziali differenze, però, per alcuni aspetti tutta la cultura indigena può considerarsi come unitaria, ed è da questo punto di vista che noi le considereremo nella nostra indagine.
All’interno dell’ontologia indigena sono presenti dei punti fermi che possono essere riscontrati in diverse aree culturali: tutta la tematica del Tempo del Sogno e del cammino dei progenitori ancestrali è diffusa in ogni gruppo su tutto il territorio, allo stesso modo si possono verificare delle similitudini all’interno della pratica rituale cerimoniale.
È proprio questa unitarietà la particolarità della cultura aborigena australiana, gruppi diversi, che parlano idiomi diversi, hanno spesso antenati in comune, camminano sullo stesso percorso ancestrale e dividono le stesse storie mitologiche sulla formazione del loro paese. Le differenze spesso si annullano risalendo al Tempo del Sogno, quell’era mitica in cui gli esseri totemici uscirono dal terreno e percorsero il territorio plasmandolo e nominando le cose perché fosse il paese dei loro successori. Diversi paesi sono uniti lungo lo stesso percorso formatore di un antenato totemico.
La questione dei legami e delle similitudini è uno dei punti che andremo ad evidenziare, visto che, come ci suggerisce Deborah Rose, rappresentano un punto fondamentale per capire la cultura indigena.
I legami che legano i paesi seguono le tracce del Sogno, le vie del commercio, i legami matrimoniali. L’intero continente australiano era parte di un unico, grande sistema di commercio e conoscenza, e i legami di informazioni sono apparentemente vecchi di migliaia di anni. I viaggiatori del sogno interagiscono, e su una base regionale possono essere legati gli uni agli altri in comunità rituali che comprendono anche le persone che officiano le sacre celebrazioni della vita. Le regioni sono connesse,come sono connessi i paesi, e le informazioni viaggiano su queste “autostrade culturali.” 
Nelle prossime pagine analizzeremo tutti gli elementi che permettono questa comunicazione culturale.
1.3 Genesi dell’opera e tematiche principali
L’esposizione che segue nelle pagine successive è per certi versi anomala e non convenzionale: si tratta di una tesi di etnologia che prende in considerazione un nutrito numero di documenti etnografici recenti e recentissimi ma non si avvale di un vero e proprio lavoro sul campo. Questo a causa del nostro soggiorno relativamente breve in Australia (Ottobre 1998 - Febbraio 1999) e delle difficoltà logistiche e burocratiche che si sarebbero incontrate volendo passare un periodo di studio all’interno di una comunità aborigena.
Per questo abbiamo basato la nostra ricerca su documenti etnografici che abbiamo reperito nelle diverse sedi universitarie australiane (The University of Sydney, The University of South Australia, The University of Queensland, The Australian National University) e presso le principali istituzioni federali come l’Aboriginal and Torres Strait Islanders Studies e la National Library of Australia di Canberra e le biblioteche statali del New South Wales, a Sydney; del Victoria, a Melbourne; del South Australia, ad Adelaide; del Northern Territory, a Darwin; e del Queensland, a Brisbane.
Nel selezionare i testi di maggiore interesse abbiamo preferito le opere più recenti, non reperibili in Italia, e quasi del tutto ignorato le storiche The Arunta di Spencer e Gillen ed Aranda Tradition di Strehlow; tutto questo perché nell’etnografia contemporanea abbiamo riscontrato maggiori punti di contatto con l’orientamento che abbiamo deciso di seguire nel redigere questa tesi.
Tutta la letteratura analizzata e citata è in lingua inglese, la traduzione è nostra.
Per certi versi le tematiche e la modalità con cui vengono svolte durante il corso dell’esposizione sono nuove - perché poco percorse - per la stessa etnografia australiana, poiché si è voluta analizzare la cultura aborigena come unitaria e ricercare gli elementi di questa unitarietà, trovare le vere basi costituenti del cosmo indigeno.
Queste basi sono corpo e paesaggio che si uniscono in un rapporto formatore e si pongono come fondamenti di tutta l’ontologia aborigena.
Anticipiamo ora il percorso che seguiremo nel suo pieno sviluppo nella pagine successive.
Una qualsiasi indagine sulla cultura indigena non può porre in secondo piano il problema politico dei rapporti tra l’Australia Bianca e quella Nera, per questo nel Capitolo Secondo svilupperemo in breve i maggiori avvenimenti di questa convivenza dal tempo del colonialismo alla stagione odierna dell’autodeterminazione. In queste pagine riscontreremo il forte legame che gli indigeni hanno con il proprio paese e vedremo i punti salienti delle lotte per il giusto riconoscimento delle terre sottratte (Caso Yirrkala e Caso Mabo).
Il Capitolo Terzo descriverà i motivi di questo attaccamento affettivo verso la terra introducendo e spiegando le principali caratteristiche dell’ontologia indigena quali il Tempo del Sogno, il mito, i progenitori ancestrali, il paese, il totemismo, la Legge, la pratica rituale.
Nel Capitolo Quarto prenderà corpo l’argomentazione principale di tutta la tesi. Saremo guidati dall’analisi fenomenologica di Edward Casey e Yi-Fu Tuan sull’importanza del posto come nuovo soggetto conoscitivo e sulla base di queste determinazioni riporteremo gli esempi etnografici sull’importanza che i luoghi sacri hanno nel mondo aborigeno. Altresì vedremo come il corpo si faccia tramite nell’interpretazione del cosmo, ente a metà tra il quotidiano vissuto e il mitico passato ancestrale.
Il Capitolo Quinto, infine, servirà da banco di prova della nostra tesi; dimostreremo come nella pratica rituale musicale, nel particolare spazio della perfomance, tutte le determinazioni di cui abbiamo parlato in precedenza si rendano evidenti, come il corpo comprenda al suo esterno ed al suo interno i principali enti mitologici del mondo indigeno, come si attui un rappresentazione che va oltre il semplice contesto coreutico-musicale per essere, in quel preciso istante, un reale attimo di quel Tempo del Sogno, quel passato ancestrale che ha influenzato tutti gli uomini e tutto il mondo visibile attorno.
In conclusione di questa breve introduzione dobbiamo esprimere tutta la nostra gratitudine e il nostro sincero ringraziamento alla Prof.ssa Franca Tamisari, del Dipartimento di Antropologia dell’Università di Sydney, i cui suggerimenti e i costanti incoraggiamenti sono stati fondamentali per la realizzazione di questa Tesi.